"Il mercato del lavoro dell’Unione europea è caratterizzato da alti livelli di disoccupazione in alcuni settori e regioni, e da carenza di competenze e manodopera in altri. Per conseguire l’obiettivo di garantire posti di lavoro migliori e più numerosi, l’Europa ha bisogno di una maggiore mobilità del lavoro.[...]
La mobilità geografica [lo spostamento di lavoratori da una regione all’altra nello stesso paese oppure lo spostamento in un altro paese] tenderà probabilmente ad aumentare, considerata la sempre crescente globalizzazione.[...]
L’Europa deve pertanto trovare necessariamente il modo di facilitare la mobilità geografica attenuando i rimanenti ostacoli di qualsiasi ordine essi siano: giuridico, pratico, sociale o comportamentale."
Sul da farsi la UE sembra avere le idee chiare
"L’Unione europea, scegliendo il 2006 come Anno europeo della mobilità dei lavoratori, intende conseguire tre obiettivi concreti:
- Aumentare la sensibilizzazione :
- sui diritti dei lavoratori alla libera circolazione fra gli Stati membri;
- sulle attuali possibilità di mobilità geografica e del lavoro e sugli effettivi servizi di supporto alla mobilità;
- sulle barriere che si frappongono ai potenziali lavoratori mobili, sia all’interno degli Stati membri che fra di essi, e sulla necessità di interventi da parte dei servizi di supporto.
- Promuovere lo scambio di buone pratiche tra le categorie interessate, in particolare istituzioni e autorità pubbliche, parti sociali e settore privato.
- Promuovere uno studio approfondito sulle dimensioni e sulla natura della mobilità geografica e occupazionale nell’Ue."
Insomma la scelta del MIP appare proprio in controtendenza: al posto di intervenire per migliorare i servizi di supporto alla mobilità geografica dei precari della scuola, lo Stato italiano sceglie di vincolarli al territorio. Acuti.
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